I formaggi a pasta semicotta sono una famiglia di origini antichissime che nel nord Italia vengono prodotti in tutto l’arco alpino, a latte vaccino spesso crudo. Passando da est a ovest possiamo iniziare la nostra panoramica in Friuli con il Montasio, per poi passare al Piave e ai vari formaggi di latteria in Veneto, non dimenticando l’Asiago, il Vezzena e il Monte Veronese. Si passa in Trentino dove si produce la Spressa fino al Bresciano famoso per lo Stilter e il Bagoss. In Lombardia troviamo il Bitto, in Valle d’Aosta la Fontina la fa da padrona e poi scendiamo in Piemonte con il Bra. Nel centro-sud Italia e nelle Isole prevalgono le lavorazioni con latte ovino, i famosi pecorini: formaggi che spesso si differenziano per tipologia di stagionatura più o meno lunga (fresco, semi-stagionato e stagionato), per tipologia di lavorazione (dolce o piccante) e per tipologia di forma; citiamo come esempio il Canestrato, che prende il nome dall’antica pratica di mettere il formaggio in canestri di vimini.

Nella maggior parte dei casi questi formaggi vengono ottenuti tramite coagulazione con caglio in pasta di agnello o capretto, i quali danno il classico sapore più o meno piccante; degni di nota per la particolarità di coagulante sono il “Pecorino di Farindola” in Abruzzo, lavorato con caglio di suino autoprodotto ed il “Cacio Fiore Romano” antenato del Pecorino Romano prodotto utilizzando caglio vegetale estratto dal fiore del carciofo o dal cardo selvatico. La difficoltà di produzione dei Formaggi pecorini è dovuta alla gran quantità di grasso presente nel latte che rende l’asciugatura della cagliata in caldaia molto impegnativa.

Ad oggi nella famiglia dei pecorini ci sono circa 40 riconoscimenti tra PAT e DOP. Le zone Geografiche di Origine di questi formaggi sono principalmente il centro Italia e la Sardegna, zone in cui la pastorizia, per via della tipicità territoriale montuosa o di grandi pascoli freschi, ha dato modo di avere uno sviluppo dell’allevamento ovino molto ben radicato. La grande varietà vegetale di pascoli ha fatto si che ogni formaggio pecorino abbia sapori e aromi particolari che li contraddistinguono.

Cambiano i nomi, cambiano i sapori e alcune piccolissime differenze nella tecnologia di produzione, ma per semplicità possiamo sintetizzare queste caratteristiche per definire questa famiglia di formaggi:

  • coagulo del latte spesso crudo comunque dolce;
  • tempi di coagulazione non brevissimi con dosi di coagulanti non altissime;
  • coagulazioni mai troppo tirate per favorire l’eliminazione del siero;
  • tagli della cagliata uniformi e tendenzialmente piccoli;
  • semicotture a temperature mai superiori ai 50°C e comunque asciugature importanti della cagliata;
  • messa in stampi, forme e o fascere a pH sempre con valori superiori a 6;
  • spesso la cagliata viene pressata;
  • salatura in salamoia, raramente a secco;
  • trattamenti delle croste con stagionature che superano mediamente i 2 mesi (In alcune regioni questi formaggi vengono chiamati freschi nei primi 2 mesi, mezzani fino ai 6 mesi e vecchi fino a 12 mesi).

Proprio per l’antica origine, la tecnologia di produzione spesso veniva (o viene tutt’oggi tramandata) da generazione in generazione e si possono trovare tracce di vecchi manoscritti nei quali, già più di 100 anni fa, i casari attenti di allora avevano iniziato a trascrive le lavorazioni capendo i pregi (o meno) di alcune scelte. Si possono quindi trovare dei moniti in cui si consigliava al casaro prima di mettere le mani in caldaia di sciacquarle con acqua prima di toccare il latte e di non fidarsi della sensibilità della pelle del gomito per misurare la temperatura del latte, eventuali postumi di una bevuta della sera precedente avrebbero falsato la percezione! Al giorno d’oggi un’affermazione del genere può farci sorridere, ma già nel passato si era intuita l’importanza del rispetto di temperature precise e igiene in caseificio.

Al giorno d’oggi sono scomparse queste procedure empiriche o si fanno ogni tanto gli stessi errori che si facevano un secolo fa? La risposta non è semplice, questa tipologia di formaggi attualmente purtroppo subisce una forte inflazione sul mercato anche perché per le produzioni non necessitano di macchinari particolari e di conseguenza di investimenti onerosi. Il produttore di queste tipologie dovrà ottimizzare sempre di più i tempi di produzione, le rese casearie e comunque cercare di rendere il suo formaggio unico, solo così riuscirà a fare un prodotto caratteristico, particolare, ma soprattutto di qualità e quindi ripetibile nel tempo, che se supportato da stategie commerciali ponderate, porterà ad avere un “futuro caseario” roseo davanti a sé.