L’importanza dei parametri chimico-fisici nelle lavorazioni lattiero-casearie

L’importanza dei parametri chimico-fisici nelle lavorazioni lattiero-casearie

“Lavorazioni improvvisate daranno sempre risultati improvvisati” (anonimo)

Verità assoluta a cui si dà grande rilevanza… tranne che nel settore lattiero-caseario: troppo spesso gli operatori del settore, per negligenza o per cattiva abitudine, non tengono in giusta considerazione i fattori controllabili da loro stessi, creando così prodotti con standard di produzione troppo variabile. Lo stracchino che una volta è troppo liquido e la volta successiva gessa, i formaggi che si sciolgono o che presentano occhiature quando dovrebbero essere chiusi e viceversa sono solo alcuni esempi.

Alla domanda del perché si verifichino questi errori, l’operatore si giustifica imputando le cause a fattori che non dipendono da lui, come la qualità della materia prima (latte) o gli strumenti tecnologici che utilizza. Queste spiegazioni sono per lo più errate e non aiutano certamente ad evitare il ripetersi dei difetti.

Il percorso operativo più semplice e più frequentemente adottato da chi lavora il latte parte dalla materia prima, passa attraverso la fase di lavorazione, fino ad arrivare al prodotto finito.

Tuttavia, se si vuole lavorare in modo corretto, l’operatore deve seguire mentalemente il processo esattamente opposto: si parte sempre avendo ben chiari la tipologia, il gusto, la forma e le caratteristiche organolettiche del prodotto finale. In base a questi criteri e conoscendo bene la materia prima, gli ingredienti e i parametri usati per centrare l’obiettivo, bisogna costruire perfettamente la lavorazione e valorizzare al meglio il latte sia da un punto di vista di resa casearia sia rispettando le normative vigenti in materia.

Quali sono dunque i parametri fondamentali per fare dei prodotti di alta qualità e con standard ripetibili?

Questi sono sostanzialmente tre:

  1. acidità: si deve considerare che, per quasi tutti i tipi di formaggi, si effettua un’acidificazione mirata e controllata del latte. Per questo motivo sia si lavori con fermenti sia con acidificanti o con innesti, è necessario essere consapevoli di cosa si sta mettendo nel latte e quali saranno le conseguenze.
  2. coagulazione: il coagulante è molto importante sia per la sua composizione sia per il dosaggio. La scelta del tipo di coagulante, il momento dell’aggiunta nel latte e il dosaggio determinano la qualità del prodotto finale.
  3. tempo: occorre essere maniaci del tempo. Infatti ore, minuti e anche secondi fanno la differenza in fase di lavorazione, giorni, mesi o anche anni quando si effettua la stagionatura.

Termometro, pHmetro e orologio sono gli strumenti indispensabili per ottenere prodotti mirati e non legati al caso.

Fermi restando questi tre parametri, è di fondamentale importanza capire che i gradi non vanno presi alla leggera. Grazie alla pelle che lo protegge, il corpo umano è molto tollerante alle variazioni di temperatura ma il nostro organismo interno, analogamente ai batteri lattici, è di gran lunga più sensibile. La mano fa fatica a percepire 2/3 °C di differenza in più o in meno, il nostro corpo a 36 °C gode di ottima salute, mentre quando si è ammalati la temperatura sale fino a 40 °C.

La stessa cosa vale per i batteri (o fermenti) impiegati nelle lavorazioni. Il casaro dovrà scegliere con cura le temperature del latte o della cagliata per sviluppare o rallentare al momento opportuno la produzione di acido lattico da parte dei batteri lattici, siano essi termofili che mesofili, scelti in base alle loro caratteristiche ed in funzione del prodotto finale scelto. I batteri termofili sono microrganismi che si sviluppano bene a temperature che vanno dai 30 ai 55 °C, con degli ottimi di temperatura di crescita che variano da batterio a batterio, ma tutti più o meno dai 35 ai 44 °C. I batteri mesofili invece sono batteri che crescono a temperature decisamente più basse con un range di crescita che va dai 15 ai 40 °C con un ottimo di temperatura che varia da ceppo a ceppo ma che è circa tra i 25 e 34 °C.

Il controllo dell’acidità di latte/cagliata/formaggio è una misura fondamentale che il casaro deve effettuare varie volte durante il processo produttivo. Il pH è la misurazione dell’acidità reale ed è una scala che va da 0 a 14 dove la neutralità è data a 7. Da 7 a 0 si avrà un incremento di acità, da 7 a 14 si avrà un incremento di basicità. É importante ricordare che il pH è una scala logaritmica e quindi anche piccole variazioni di acidità corrispondono a grandi cambiamenti di concentrazione. Se per esempio si è fissato un pH di 6.70 per una determinata operazione durante la produzione, questa operazione non può essere effettuata a 6.50: questo piccolo scostamento sulla scala, comporta in realtà un’acidità superiore del 50%. Il pH dovrà quindi essere sempre misurato per determinare l’inizio e il blocco della fase di acidificazione.

Il controllo del tempo è un altro fattore fondamentale: il controllo della temperatura e dell’acidità devono essere eseguiti in funzione del tempo. Il casaro non si deve accontentare di portare il pH finale di un formaggio a 5.40 a 25 °C, ma dovrà tenere in considerazione in quanto tempo la cagliata ha raggiunto questi valori di temperatura e di pH.

Lavorazioni con tempistiche più lunghe asciugheranno di più il prodotto rendendolo più sostenuto, lavorazioni troppo brevi tratterranno troppa umidità all’interno con il rischio di postacidificazioni o altri difetti.

 

Puoi trovarlo anche su: RUMINANTIA – DOMUS CASEI